knowledge transfer in azienda
Vari fattori, come la crescita esponenziale del sapere specialistico, lo sviluppo delle comunicazioni, il bisogno di dialogo interdisciplinare, l'esigenza di fare empowerment dei pazienti e decidere assieme tenendo conto delle loro preferenze, trascinano con sé un cambio di paradigma nel modo d’intendere le competenze professionali.
Il clinico sempre meno può basarsi soltanto su quanto appreso nel curriculum formativo universitario e nella successiva esperienza e attività di aggiornamento, come tradizionalmente impostata. L'aggiornamento tradizionale, basato sui congressi e le formazioni resta di indubbia utilità. Viste le esigenze della sanità di oggi, ha però il limite di essere in fin dei conti occasionale e non calato costantemente nel contesto operativo concreto.
Al clinico oggi è richiesto di accedere continuamente alla letteratura scientifica e di approvvigionarsi di conoscenze ogni volta che servono e in ragione delle esigenze del momento. Le conoscenze ricavate dalla letteratura scientifica vanno poi trasferite nella pratica, condivise con i colleghi, anche di altre discipline, e diffuse nell’organizzazione sanitaria, in modo che risultino concretamente utili e migliorino la qualità dei servizi, specie sul piano del livello e dell’appropriatezza delle cure.
Questo lavoro di knowledge transfer può essere affidato all’iniziativa di ciascuno, come di solito si fa, ma può essere anche strutturato a livello organizzativo, con risorse che supportino i singoli. La strutturazione presenta notevoli vantaggi, a cominciare dal fatto che il supporto aiuta i clinici a superare le difficoltà legate alla scarsità di tempo ed energie.
In una azienda sanitaria il knowledge transfer può essere organizzato affidandolo a una apposita Unità di transfer. La via di creare una Unità di transfer però, oltre ad essere dispendiosa, non ha certe ricadute positive, che si ottengono affidando l'attività a gruppi di clinici che operano in azienda nei vari servizi. Il modello dell'IOM, Institute Of Medicine, è impostato così: i professionisti che operano in azienda si riuniscono in gruppi di lavoro e cercano di fondere studio della letteratura scientifica e pratica clinica, dando vita a un movimento circolare continuo.
Seguendo quest'altra via gli operatori coinvolti si formano, secondo modalità attive, non passive, che danno risultati difficilmente raggiungibili con le modalità tradizionali. Analizzano la letteratura scientifica, discutono tra loro, redigono report, diffondono conoscenze, mettono a punto linee guida aziendali, confrontano scienza, linee guida di società scientifiche, prassi operative e organizzative e preferenze dei pazienti. Lavorando così sviluppano abilità, come quella - tutt'altro che scontata- di consultare rapidamente, correttamente ed efficacemente la letteratura scientifica. Si abituano al dialogo e al confronto, anche critico, con i colleghi, abbandonando l'arroccamento nelle specialità. Migliorano anche comunicazione e relazioni con gli utenti. Cambiano mentalità, sviluppando in particolare quel senso di umiltà e quella tensione alla conoscenza e al continuo miglioramento che la medicina oggi richiede per attestarsi a livelli accettabili di qualità. Una attività di knowledge transfer condotta così si inquadra adeguatamente nell'ambito della formazione, più precisamente possiamo definirla formazione sul campo.
Altra ricaduta positiva è che il trasferimento di conoscenze non è calato dall'alto. Nasce dal basso, cosa che porta con sé più partecipazione, condivisione e impegno.
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Modello di aggiornamento e knowledge transfer
dell'Institute Of Medicine
Empowerment professionale e knowledge transfer sono tra i temi discussi nel convegno
Fare empowerment-Verso una sanità migliore
del giugno 2016